Magistratura

Caso Cerciello, i giudici: quella benda non è reato

La sentenza d'assoluzione del carabiniere che arrestò Hjorth: non fu una misura punitiva

Caso Cerciello, i giudici: quella benda non è reato

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I giudici: quella benda non è reato

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Nell'estate 2019, quella benda sugli occhi di Natale Hjorth, uno degli americani condannati per l'omicidio del vice brigadiere Mario Cerciello Rega, finì su tutti i giornali, suscitando l'immediata reazione del Comandante generale dell'Arma e del mondo politico, diviso tra la liceità dell'operazione e la rabbia per l'efferato delitto. A porla sul viso del giovane fermato, quella benda, fu il maresciallo Fabio Manganaro, il quale pagò subito con la sospensione a sei mesi, con un nuovo incarico non operativo e con una condanna in primo grado a due mesi di carcere con l'accusa di misura di rigore non consentita dalla legge. Adesso il colpo di scena che cambia l'intera narrazione della vicenda. «Il fatto non costituisce reato», ha sentenziato la Corte d'Appello di Roma accogliendo le motivazioni di riforma della sentenza presentate dalla difesa di Manganaro tramite l'avvocato Roberto De Vita. Un ribaltamento di posizione totale, considerato anche che l'accusa, rappresentata dal procuratore generale della Corte d'Appello, ha chiesto l'assoluzione dell'imputato. In sostanza, quella benda non è stata usata come mezzo di rigore (ossia punitivo, disciplinare, vessatorio), bensì come mezzo di contenimento dell'agitazione e preservazione investigativa, in relazione al contesto ambientale. Già, il contesto, mai come in questo caso è fondamentale per capire la decisione delle toghe. Leggendo l'atto d'Appello, emerge innanzitutto la situazione che si trova davanti Manganaro, militare con esperienza ventennale nell'Arma, a cui viene affidato il compito di portare Natale Hjorth dall'hotel agli uffici del Nucleo Investigativo di via Selci. A causa dello straordinario stato di agitazione, dovuto anche alla massiva assunzione di alcool e droga, in cui si trovava l'americano (già accertato dal giudice di primo grado) la traduzione viene rinforzata con 4 carabinieri. Il contesto è anche quello in cui le chat tra carabinieri della caserma Farnese, quella in cui lavorava Cerciello, ribollono di livore. Ma è soprattutto quello, già accertato dalla sentenza di primo grado, di una «situazione ambientale resa particolarmente complicata dalla obiettivamente scellerata scelta di far accedere in quegli uffici un numero esagerato di soggetti che nulla avevano a che fare con le indagini in corso in quelle delicatissime ore». Soggetti, tra cui uno dei due carabinieri aggrediti dagli americani, che in via Selce provano ad aggredire il giovane fermato che si salva grazie alla protezione del maresciallo imputato. Insomma, se in primo grado il giudice aveva asserito che il bendaggio dell'americano poteva «trovare una sola giustificazione individuabile nella necessità di impedire al fermato di memorizzare i volti di coloro che potevano aggredirlo in quel frangente», adesso l'Appello rigetta questa tesi. Anche perché, tra le altre cose, non ci sono evidenze che indichino che Natale Hjorth sia stato neppure sfiorato. Nell'udienza dell'11 novembre 2022 Manganaro al pm affermava: «Per tentare di evitare che il soggetto incrociasse sguardi di persone che non doveva, piuttosto che potesse procurarsi autolesionismo, istintivamente mi è venuto di coprirgli gli occhi, per disorientarlo. Effettivamente, ciò è accaduto, perché appena messa la copertura, il soggetto si è tranquillizzato».

E alla fine la Corte d'Appello gli ha dato ragione.

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